Sicurezza e salute sul lavoro: Covid19 la normativa
Pubblicato da Per. Ind. Walter Spertino in Sicurezza e salute sul lavoro · Giovedì 04 Giu 2020
Tags: covid, 19
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Covid-19, cosa dice adesso la normativa?
Alla manifestazione dell'epidemia del virus Sars-cov2, è emerso il problema relativo all'obbligo o meno di aggiornamento della valutazione dei rischi, la quale come prevede l'articolo 29 comma 3 delle D.lgs n. 81/2008, deve essere immediatamente rielaborata, nel rispetto delle modalità di cui all'articolo 28, commi 1 e 2.
Questo vale in occasione di modifiche del processo produttivo e dell'organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o ancora magari in seguito a infortuni significativi nel caso i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità, con il conseguente aggiornamento delle misure di prevenzione.
Una valutazione dei rischi rappresenta la valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, che sono presenti nell'ambito dell'organizzazione in cui essi prestino la propria attività, finalizzata a individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e a elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza (articolo 2, lettera q; articolo 28).
Il rischio di contagio da coronavirus deve essere preso in considerazione dal datore di lavoro, aggiornando la valutazione dei rischi già effettuata e il relativo al documento?
Per rispondere a questo quesito, non basta fare leva sul fatto che la legge impone di valutare tutti i rischi, è necessario invece considerare che il legislatore ha chiaramente indicato che deve trattarsi di tutti i rischi presenti nell'ambito dell'organizzazione in cui operano i lavoratori, vale a dire i rischi specifici che sono connessi al contesto strutturale, strumentale, procedurale e di regole che il datore di lavoro ha concepito e messo in atto per il perseguimento delle proprie finalità produttive.
È evidente che il rischio biologico derivante dal coronavirus, manifestandosi attraverso il contatto tra le persone, ben può insinuarsi nelle organizzazioni produttive in cui sono presenti persone che lavorano. Ma è indubbio che fatte salve alcune specifiche attività lavorative, come per esempio quelle che si svolgono nei servizi sanitari e ospedalieri, negli altri casi lungi dal tramutarsi in un rischio specifico professionale, si tratta di un rischio generico che non nasce dall'organizzazione messa in campo dal datore di lavoro o che necessariamente si manifesta in tale organizzazione, ma che semmai approfitta dell'organizzazione e del complesso sistema di relazioni personali in cui essa si regge per manifestarsi e diffondersi, provenendo dall'esterno dell'organizzazione medesima e questo è il caso del lavoratore che si contagi in un ambiente esterno dell'azienda e andandovi a lavorare vi introduca il virus.
La specifica disciplina dell'esposizione ad agenti biologici prevista dal Titolo X del D.lgs. n. 81/2008 articoli 266-286 si riferisce a tutte le attività lavorative, nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici (articolo 66, comma 1):
- in quanto il datore di lavoro deliberatamente intende esercitare attività che comportano uso di agenti biologici, derivandone specifici obblighi di comunicazione ex articolo 269, comma 1 odi autorizzazione ex articolo 270, comma 1;
- in quanto pur non avendo la deliberata intenzione di operare con agenti biologici (articolo 271, comma 4), il datore di lavoro organizzi attività lavorative che per la loro modalità di esercizio, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori a tali agenti, come tutte le attività elencate a titolo esemplificativo nell’Allegato XLV del D.lgs. n. 81/2008 o attività in cui il rischio biologico sia intimamente connesso all'uso di certi strumenti o a certe modalità della lavorazione (si pensi al rischio tetanico nella attività di falegnameria etc…).
Tuttavia, si tratta di ipotesi ben differenti dal caso del coronavirus o se si vuole dei normali virus influenzali, in cui un agente biologico esterno agendo su di un ambito territoriale praticamente sconfinato, si insinui improvvisamente anche in un'organizzazione produttiva, in cui non sono presenti o dedotti agenti biologici.